14 Novembre 2022
Lo scorso 27 ottobre la Fondazione Sacro Cuore, in collaborazione con l’Associazione Il Rischio Educativo, ha promosso un secondo incontro di Formazione Docenti per approfondire il tema di quest’anno - Dentro la realtà - con una riflessione particolare sul pensiero visivo.
Il Prof. Giuseppe Di Napoli, Docente di Metodologia Progettuale Della Comunicazione Visiva e Teoria e Pratica del Disegno Prospettico all’Accademia di Belle Arti Di Brera e Docente di Teoria della percezione e psicologia della forma all’Istituto Europeo del Design di Milano, ha condotto gli oltre 400 docenti presenti – fisicamente e online – ad addentrarsi nella natura della visione, per cogliere il suo ruolo essenziale nel processo di conoscenza.
Pensare per immagini
Nella sua analisi della natura, del pensiero e della conoscenza umana, Di Napoli si addentra fino alle sue primordiali origini: l’uomo storicamente prima vede e poi parla, prima disegna e poi scrive, è in origine homo videns.
Il pensare per immagini è il fondamento della pratica umana, perché la visione e la formazione delle immagini mentali precedono la formazione del pensiero logico e discorsivo: senza immaginazione non sarebbe possibile alcun tipo di conoscenza.
L’interconnessione di azione, emozione e immaginazione che caratterizza la mente umana ci fa capire quanto la dimensione immaginativa sia strettamente legata alla dimensione espressiva e figurativa, alla capacità progettuale e fattiva del processo di conoscenza.
Dal disegno alla conoscenza
Mentre l’uomo guarda il mondo, già disegna: così ha guardato le stelle, e ha disegnato le costellazioni con lo sguardo. Tale percezione visiva ci caratterizza ancora oggi: la nostra percezione completa le figure che l’occhio vede con le linee che mancano.
Nella conoscenza visiva l’uomo mette in gioco tre elementi: occhio, mano, segno. Con la mano traccia i segni e rappresenta spazio e tempo: la linea temporalizza lo spazio, la curva spazializza il tempo, lo trattiene, ecc….
Le attività manuali divengono così atti cognitivi, che implicano sempre significati simbolici ed espressivi. Fare, vedere e pensare sono strettamente connessi tra loro.
Il disegno è dunque un atto essenziale della conoscenza: il bambino comunica la sua relazione col mondo attraverso il disegno, in una posizione di ascolto, e nella sua espressività sa già cosa e come disegnare, va solo stimolato ad esprimersi.
Crescendo diventa essenziale non solo il vedere, ma anche il vedere come fare, fino a che non si acquisiscono le competenze, e il saper fare è finalizzato ad un obiettivo di conoscenza.
Educare all’immagine
Il disegno è un linguaggio culturale, che cambia i suoi codici nelle diverse epoche storiche, ma è prima di tutto un linguaggio naturale, il linguaggio espressivo principale nel bambino fino agli 8 – 10 anni. Un disegno fatto di archetipi visivi uguali per tutti e in tutte le epoche.
Allo stesso modo la comunicazione visiva che domina oggi è fatta di segni universali, icone che traducono il pensiero in immagine.
È dunque essenziale educare i bambini a leggere le immagini, il linguaggio universale del disegno, che unifica il vedere con il fare e il pensare.
Perché ciò che l’uomo fa con le mani lo fa con il cervello, usando una forma di pensiero, che non è solo quello logocentrico, ma che trova nell’immagine infinite altre possibilità.
Il disegno è uno strumento conoscitivo: il disegno rappresenta e comunica, ma rende anche visibile l’invisibile, le idee, ciò che le parole non riescono a dire.
Come affermava Michelangelo
“Dopo aver stimato tutto ciò che si fa in questa vita, troverete che ognuno sta, senza saperlo, disegnando questo mondo”
Il principale compito della metodologia didattica formativa – ha concluso Di Napoli – è quello dunque di affinare e trasformare le facoltà della fantasia, della creatività e dell’immaginazione (che sono in parte innate e in parte acquisite) in capacità espressive e in attitudini progettuali.